Venerdì 24 gennaio, ore 19.00
EARTH Foundation Piano terra Eataly Verona
via S. Teresa 12 (VR)
ingresso libero con registrazione Eventbrite
24 gennaio – 31 ottobre 2025
A cura di Alessandra Santin,
con la collaborazione di Michele Filippi
…il grado di libertà dei quark è chiamato colore… esso assume una funzione dinamica in quanto “carica forte”, sorgente del campo cromodinamico…
(Fisica quantistica)
La mostra Cromodinamica Estetica documenta il lungo percorso della ricerca di Stefano Tubaro, che si sviluppa in serie.
In esposizione sono presenti:
i Contrattempi degli anni Novanta (in analogico);
le Controfigure dal 2002 (in analogico);
le Contrazioni, che si datano dopo il 2010 (in digitale);
le Stanze fotogeniche e gli Ossequi, le opere più recenti, ideate durante la pandemia.
Comune denominatore del lavoro di questi trent’anni è innanzitutto l’uso della luce, e in particolare della luce colorata sulle architetture, sugli oggetti e sul cibo; molto significativa è anche la presenza del silenzio, il bisogno di renderlo visibile creando atmosfere in cui il tempo appare rallentato o sospeso, mai del tutto immobile.
Stefano Tubaro avverte l’esigenza di apportare cambiamenti nella realtà circostante e di creare altri luoghi, nuove stanze che ignorano i limiti degli spazi quotidiani per esprimere pienamente e per rivelare poeticamente l’armonia, il pensiero del “bello”, il desiderio di “rinascere” in forme, spazi e rapporti nuovi. La luce/colore non è solo “oggetto” della percezione dell’artista, ma qualcosa che non può esaurirsi nel suo fenomeno, è un concetto simbolico, rivelatore di un tempo sconnesso, interiore e meditativo. Stefano Tubaro, nella tensione fattuale più concreta, supera i limiti del già dato e apre finalmente al non ancora.
Stefano Tubaro compie studi ad indirizzo artistico sviluppando il suo interesse per il linguaggio fotografico dal 1978. Inizialmente lavora nel settore professionale della produzione pubblicitaria video-fotografica, successivamente è attivo nell’ambito della fotografia d’architettura e nella riproduzione delle opere d’arte di numerosi artisti tra cui il pittore Renzo Tubaro, suo padre. Realizza le sue prime ricerche operando in bianco e nero, dal 1997 predilige la fotografia a colori in cui interviene con l’illuminazione artificiale in contesti architettonici e nello still-life. Ha insegnato dal 1985 al 2023 “Arte della Fotografia e della Cinematografia” presso il Liceo Artistico Statale “Giovanni Sello” di Udine. Nel 1999 riceve il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia” dal Centro di Ricercae Archiviazione della Foto-grafia. Nel 2024 l’ultima Personale in Villa Manin, Codroipo UD e la Collettiva Preludio nel Palazzo Arcivescovile a Udine. Vive a Martignacco, lavora nello studio Spazio T a Udine.
www.stefanotubaro.it
Il cibo, la verdura, le uova e alcuni oggetti emblematici come il mattone in terracotta e i libri,… protagonisti della serie Controfigure, sono analizzati come fossero persone, ritratte con le loro caratteristiche fisiognomiche e caratteriali. La lettura di queste nature morte varia grazie all’influenza e al numero delle sorgenti luminose colorate, che accentuano le potenzialità di ogni soggetto che emerge e satura lo spazio buio. Operare in analogico ha richiesto sperimentazioni e verifiche impegnative, in particolare nella scelta delle tempistiche e del numero dei multiscatti, operati con tecniche personali. Giocare sapientemente con queste variabili, in diretta e non in postproduzione, ha permesso a Stefano Tubaro di ottenere effetti poetici emotivamente ed esteticamente coinvolgenti. A seconda dell’intento e dell’esposizione dei colori (più intensi o eterei), l’artista ha ottenuto equilibri e contrasti di ombre in grado di modellare spazi e dialogare con gli oggetti nella loro interezza.
L’indaco, le sfumature accese dei rosa e dei verdi, le trasparenze dell’azzurro elettrico e i riverberi delle fonti di luce, creano narrazioni e sapori inattesi, nutrimenti per l’animo umano.
Diversi punti di vista indagano la realtà urbana inquadrando edifici e vie cittadine in cui dominano i rapporti e le prospettive geometriche, che sintetizzano relazioni spaziali complesse ma essenziali.
Nel qui e ora della strada Stefano Tubaro va oltre il limite dell’oggettività del presente. Egli indirizza il suo sguardo fuori dallo spazio e dal tempo abituali per immergersi in assonanze e dissonanze spesso ignorate. Le linee portanti scandiscono il ritmo dei chiaroscuri e sottolineano accenti e lampi di colore.
I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali. La luce filtra e si determina senza bisogno di fare corpo. Emerge nella leggerezza. Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.
Le opere fotografiche della serie Contrazioni esplorano gli interni, si spostano in ambienti domestici rurali, in ospedali psichiatrici abbandonati o in locali industriali spogli e labirintici.
Le porte delle diverse stanze sono aperte su androni e corridoi deserti, che lasciano intravedere angoli disabitati e in penombra: percorsi inesplorati in cui ci si addentra con curiosità, senza mai sentirsi del tutto estranei. Qua e là sopravvive qualche arredo in disuso che riporta in vita ricordi e saperi di un vissuto comune, ormai passato.
Questo mondo ridisegnato da Stefano Tubaro con fasci di luce dai colori artificiali e inediti, accoglie simultaneamente tempi storici e cronologici successivi: l’effetto è straniante ma coinvolgente. Raramente in questi luoghi affiorano figure fantasmatiche, autoritratti indefiniti e pulsanti. Il Divenire si conferma come cifra della sua poetica che caratterizza il primo decennio del 2000 in cui Stefano Tubaro coglie il senso di uno spazio interiore alternativo, parallelo, extra-ordinario, abitato da un genius loci rivolto all’inconscio. La forza trasformativa della ricerca affonda nella memoria e si evidenza in visioni astratte: i desideri liberati inseguono luci trasversali di matrice concettuale.
Le luci pensate, i toni e i colori inediti in relazione con gli elementi decorativi personalizzati posti alle pareti, sono i protagonisti di queste Stanze Fotogeniche, vere finzioni spaziali che rispecchiano l’interiorità vitale ed esigente dell’artista. Entro set minimali, creati appositamente nel proprio atelier, Stefano Tubaro esegue “scatti fotografici” sempre meditati per rinnovare la propria esperienza umana, capace di compensare la deriva e lo sfruttamento dell’ambiente, l’incuria, l’inquinamento e gli eccessi di colori sgargianti, di rumori che violano lo spazio e il tempo individuale. I contrasti tra le luci d’accento e quelle di atmosfera creano una gerarchia percettiva che valorizza in particolare alcuni angoli, i confini più lontani che trapassano i vuoti. L’atmosfera metafisica di questi spazi affida alle luci la valorizzazione di singole zone o dei confini più lontani, che si raggiungono trapassando le aperture.
A volte un’ottica strettissima genera lampi luminosi, bagliori sui soffitti e le pareti in cui affiorano gli Ossequi, che aggiungono un delicato effetto di tridimensionalità al fascino suggestivo dell’esperienza visiva.
Questi lavori monocromatici differiscono dalla produzione consueta di Stefano Tubaro. L’artista sente la necessità di valorizzare gli strumenti e i materiali utilizzati all’inizio della sua attività di fotografo, quando la tecnica analogica richiedeva modalità e processi di lavoro particolari.
Stefano Tubaro decide di riappropiarsi di questi oggetti inutilizzati e archiviati in laboratorio, per rivivere il senso di queste presenze negli Ossequi. Tutto si configura in modo nuovo. Deposti su carta fotosensibile i vecchi caricatori, le diapositive, le bacinelle, le pinze, le pellicole imprimono tracce regolari, si strutturano in composizioni geometriche potenti e di grande significato. Scaturite da una serie di azioni sistemati-che, ordinate e complesse, direttamente collegate al fenomeno preso a simbolo dell’epoca analogica, esse descrivono un cambiamento ancora in atto in Stefano Tubaro, vissuto dall’interno della sua dimensione processuale. L’artista vuole ridare valore alle azioni precise del fenomeno analogico per evocarle come metodo anche nel digitale; compito arduo l’agire rispettoso dell’importanza fondativa delle esperienze passate. La molteplicità dei contributi, la correlazione di eventi disparati che si legano strettamente gli uni agli altri, compiono meta-morfosi, creano nuova bellezza anche nelle Stanze Fotogeniche. L’inclusione, difficilmente distinguibile degli Ossequi, risulta necessaria.
Preziosa ora come allora.